Schiava: un vino dal passato umile

Questo vino è generalmente identificato come il vino popolare per eccellenza, essendo in passato prodotto in grandi quantità andando inevitabilmente ad abbassare l’attenzione sulla qualità dello stesso. Ad oggi, però, questo umile passato sembra essere ormai un lontano ricordo: infatti, all’interno delle zone a denominazione Lago di Caldaro DOC, Alto Adige DOC e sotto-denominazione Santa Maddalena, Colli di Bolzano, Val Venosta e Merano, la Schiava viene prodotto in quantitativi più ristretti rispetto al passato garantendo in questo modo una maggiore ricerca sulla qualità del vino.

Non si cade in errore, dunque, nell’affermare che lo Schiava sia un vino dalle origini umili: nella sua terra d’origine, il Sud Tirolo, esso veniva consumato quotidianamente come vino da pasto leggere ed economico, ma aveva anche un utile valore nel baratto all’interno della regione.

Proprio in ragione di questa facile bevibilità ed il prezzo decisamente accessibile, lo Schiava si affermò quasi subito come vino in voga e di grande importanza a livello di mercato. La situazione, tuttavia, è cambiata repentinamente con l’avvento (in alcuni casi si parla di vera e proprio sostituzione) delle uve francesi ed i relativi vini di qualità riconosciuti a livello internazionale. Nonostante questa curva nella domanda, questo vino è comunque riuscito a ritagliarsi una fetta di mercato: ad oggi, infatti, il vitigno di Schiava occupa un 30% del territorio del Trentino Alto Adige (in particolare nella provincia di Bolzano), per un totale di 1500 ettari di viti.

Le origini storiche di questo vitigno, però, vengono fatte risalire alla regione della Slavonia (in Croazia) e si tratta da una regione delimitata geograficamente dai due fiumi Sava e Drava. L’introduzione nella nostra Penisola sarebbe avvenuto in seguito alle invasioni barbariche che portarono alla caduta del Sacro Romano Impero e in particolare sarebbero stati i Longobardi ad introdurre questo vitigno: il nome Schiava, infatti, deriverebbe dalla parola “slave”. E’ doveroso sottolineare, tuttavia, che secondo altri studiosi il vitigno di Schiava sarebbe stato sempre autoctono del Sud Tirolo sin da tempi remoti (antecedenti anche all’impero romano), escludendo così l’ipotesi di una “venuta” dall’estero.

Importante ricordare, inoltre, come esistano diverse varietà (o cloni) di Schiava: possiamo infatti parlare di Schiava Grossa (il più comune e qualitativamente meno curato), lo Schiava Grigia, lo Schiava Nera o lo Schiava Gentile (che nasce da un’uva più aromatica, con acini più piccoli e qualitativamente migliore).

Come abbiamo già detto, il passato in cui si prediligeva la quantità alla qualità è ormai passato: ad oggi, infatti, anche lo Schiava è un vino di qualità e di buona fattura!

Zona geografica di produzione

E’ ormai chiaro come questo vitigno sia diffuso soprattutto in Trentino Alto Adige (soprattutto in Sud Tirolo), ma esso viene coltivato con buoni risultati anche in Veneto, in particolare in provincia di Verona, e Lombardia, soprattutto in provincia di Brescia.

Interessante curiosità è il differente nominativo con cui lo Schiava è conosciuto in Alto Adige, dove esiste il bilinguismo e l’uso della lingua tedesca è comune: in particolare, lo Schiava viene chiamato vernatsch, lo Schiava Grossa come großvernatsch, quella gentile come kleinvernatsch, e quella grigia come grauvernatsch.

Caratteri ampelografici vitigno

Per quanto riguarda i tratti ampelografici di questo vitigno è necessario distinguere tra le tre tipologie che di esso si possono avere:

La schiava grossa possiede una foglia dalle grandi dimensioni e di forma pentagonale e trilobata; anche il grappolo è grande, con una forma tronco-conica, generalmente compatto e alato. L’acino, allo stesso modo, è grande e con una buccia molto pruinosa dalla colorazione blu – nera.

La schiava gentile, invece, ha una foglia media, dalla forma orbicolare, trilobata o intera; il grappolo è di medie dimensioni, possiede una forma piramidale ed è alato. L’acino è medio e si caratterizza per una buccia pruinosa e tenera di colore blu – violetto.

La schiava grigia, infine, si contraddistingue per sua foglia media dalla dimensione pentagonale, trilobata o intera; il grappolo è di medie dimensioni, ha una forma piramidale ed a volte è alato. L’acino ha una grandezza media ed una buccia molto pruinosa dalla colorazione blu-grigio opaco.

Note sensoriali: profumo e gusto

La colorazione di questo vino è sempre delicata, solitamente sui toni del rosso chiaro o rubino, e si scurisce solo qualora ci sia stato un periodo di invecchiamento.

Per quanto riguarda il bouquet aromatico, lo Schiava riconferma la sua delicatezza: i profumi sono quelli di frutta delicata, frutti di bosco, ma è presente anche un finale alle mandorle amare.

All’assaggio rimane leggero, con una sobria corposità, ed è possibile ritrovare tutti gli aromi precedentemente percepiti all’olfatto.